sabato 5 ottobre 2013

Conigli

Mi si dia del cinico futile, ma ciò che colpisce di più, nello squallido teatro inscenato sulla tragedia lampedusana, non è il rovesciamento totale della realtà, laddove colpevoli, se di colpevoli si intende parlare - con la tipica arroganza, mista a malafede, dell'imbecille furbo che individua il punto da guardare nel dito in luogo della luna -, divengono coloro che siffatti orrori vorrebbero scongiurare, bensì la tempistica perfetta, quasi dovuta a una congiunzione astrale favorevole a chiunque odi la capacità di discernere. Insomma, dopo millanta naufragi negletti, avviene che centinaia di povericristi scelgano (?) di affogare nel gasolio, aggiungendo raccapriccio a raccapriccio, proprio nel giorno nefasto dell'uccisione simbolica dell'uomo causa di tutti i mali italioti, come se una divinità dotata di macabra ironia ci volesse imporre un lavacro purificatorio che emendasse l'intera nazione dal delitto di avere osannato il capo di una banda di razzisti insensibili. E' chiaro che una vulgata del genere potrebbe uscire solo dalla mente di un pazzo, eppure un personaggio di Eco avrebbe buon gioco a percorrere la nostra disgraziata penisola (doppiamente disgraziata perché in balia di un'orda di reietti, tali non per loro colpa ma nemmanco per nostra, e perché ospitante una manica variopinta di profeti dell'accoglienza a prescindere) con il suo grido millenaristico "penitenziagite!". E Laura e Cécile, raccogliendolo e amplificandolo dai loro scranni, non sarebbero sole, purtroppo, a dispetto della frase sciocca, speculare a frasi sciocche di segno contrario, di un leghista voglioso di imputare a loro il disastro dell'Isola dei Conigli. Nome simbolico quant'altri mai, e non per le ragioni che credono i corifei dell'asilo indiscriminato.

giovedì 19 settembre 2013

Vilipendio del fisco

Quelli che le sentenze non si discutono, andassero tutti a spanar meliga. E chi venera Santa Toga Vergine e Martire, come pure l'intero fan club della ditta Travaglio-Gomez, arricchita spiritualmente (e non solo) dal giro dei sette tribunali, non si adombrino per il mio insulto alle anime belle, bensì si adontino per la loro offesa continua alle anime pensanti. Riesumando l'invettiva canora di Alberto Fortis nei confronti dei Romani, vorrei parafrasare la medesima e mettere al posto degli abitatori dell'Urbe quei togoni (metrica rispettata) che si sono alleati ai gabellieri onde castigare Dolce & Gabbana per avere semplicemente espresso da cittadini il proprio disagio riguardo alla vessazione fiscale cui siamo tutti sottoposti, chi più chi meno. I due stilisti sicuramente di più, come uomini del fare ancora innamorati del proprio Paese e, quindi, non ancora in fuga da esso, che pure meriterebbe di venire mollato sui due piedi. Davvero c'è da gridare che siamo stufi degli sceriffi dell'etica, e guai a chi digerirà la perversa macedonia ermellina e fiscajola, che raccoglie i peggiori frutti avvelenati dell'ideologia statolatrica per la quale manco si può opinare sull'operato di magistrati e beferoidi, giacché i primi sono oracoli e i secondi quasi, soprattutto dopo la sentenza che impone a due tizi bollati come evasori, e quindi ridotti al rango di paltronieri soltanto per le ubbie di qualche impiegato statale con uno stipendio da maragià, di rifondere il fisco per i danni morali arrecati agli scherani del sor Artiglio, che avevano preteso e ottenuto per loro la gogna per una lussemburgata peraltro consentita dalla legge (e non ci vengano a dire il contrario). Già all'epoca della prima condanna, avvertimmo puzza di fumus persecutionis, ma adesso la situazione è molto più grave e incarognita: qui non si può neppure protestare per una pretesa ingiustizia, perché le vestali del Leviatano sono ormai legione. Signori, mettiamo il fiocco azzurro sull'uscio di ogni procura d'Italia: senza aspettare la levatrice parlamentare, ha appena emesso i primi vagiti un nuovo reato. Il vilipendio del fisco.

lunedì 22 luglio 2013

La cultura del sospetto pedala

La rutilante e altamente scenografica conclusione del 100° Tour de France, con la luna a far da spettatrice alla cerimonia con la quale Chris Froome è stato incoronato re della corsa gialla, parrebbe avere convocato le ombre della sera a sigillare metaforicamente le polemiche e i sospetti sul dominatore del Ventoux, costretto quasi sino alla fine della gara a lottare, oltre che contro gli avversari in bicicletta, per non venire massacrato dal plotone della stampa internazionale, cui sono stati consegnati quale offa sacrificale fior di referti sui valori riscontratigli negli ultimi due anni di attività, da fermo e sotto sforzo. Giusto per far proclamare a qualche 'esperto' che, no, il ragazzo keniano cresciuto in Sudafrica e approdato in Italia per diventare corridore professionista, non è un extraterrestre, né un prestigiatore col trucco incorporato. Oddìo, sulla prima qualifica, se escludiamo il tarocco, si potrebbe discutere, vista l'accelerazione in salita impressa ai pedali, degna di una vecchia comica, di quelle dove i poliziotti correvano dietro ai mariuoli o ai vagabondi tipo Charlot e volavano le torte in faccia, ma il guaio è che numeri del genere non li ricordiamo manco nel repertorio di Lance Armstrong, il quale è da dubitare si riveli ora una sorta di visitor squamoso e repellente. Vabbuò, ci stà che il timido spilungone abituato a dir sempre "grazie" a chicchessia e che i maligni sfruculiano come un robot radiocomandato incapace di guizzi propri (forse Sir Wiggins avrebbe da obiettare) possegga valori eccezionali, esaltati da una concezione monastica del mestiere ciclistico, e che solo il tempo ci ragguaglierà sulla tenuta di un campione differente da tutti gli altri. In effetti, sembra volteggino già sul suo capo gufi che gli pronosticano un rapido esaurimento delle batterie, ma potrebbe essere solo una questione d'invidia. Sincerità per sincerità, se molti hanno applaudito la glasnost dei maggiorenti Sky, vale a dire l'immediata disponibilità a squadernare, per usare un'espressione elegante, il numero dei peli nel naso di Froome, io trovo tutto questo molto triste; e se i mammasantissima della squadra foraggiata da Murdoch, che è un ras della comunicazione, daranno seguito alla promessa di permettere ai vampiri della WADA di tampinare i propri corridori fin dentro le più segrete stanze, cosa credete che comunicheranno al colto e all'inclita con siffatta trovata? La 'cultura del sospetto' (che è poi incultura allo stato puro) è appiccicosa, subdola, in grado di corrompere le migliori intenzioni. Per quasi tre settimane, un giovane atleta capace di gesta non comuni è stato tenuto sotto schiaffo con la stucchevole litania su doping e antidoping: non è giusto, non è corretto, puzza di inquisizione e fa torto all'uomo e a chiunque abbia deciso di fidarsi di lui. Personalmente, voglio essere lasciato libero di entusiasmarmi per le imprese di Chris, senza dovermi subire il berciare delle comari vogliose di spruzzargli addosso il fango. Se qualcuno mi dovesse rinfacciare un eccesso di ingenuità, gli potrei solo rispondere che non sono affatto convinto di un'evoluzione positiva dell'atteggiamento generale dell'ambiente ciclistico nei confronti della lotta al doping, ma che mi rifiuto di gridare "al lupo! al lupo!" solo per aumentare le tirature dei giornali. La crocifissione preventiva del campione britannico è stata quasi giustificata dalla stessa vittima, che ha definito 'normale' tale accanimento dopo la deflagrazione dell'affaire Armstrong, arrivando a sostenere che sarebbe successo con chiunque altro al suo posto. Troppo buono, caro Chris! C'è gente che ti ha nel mirino fin da quando qualche scriba scrupoloso ha rammemorato un tuo vecchio ribaltamento sul colle di San Luca e una tua esclusione dal Giro per traino, tralasciando i tuoi problemi causati dalla bilharziosi. E le gogne non sono facili da sconfiggere: adesso che sei arrivato a Parigi, devi ancora raggiungere i cuori dei tifosi. Auguri!

venerdì 28 giugno 2013

Svapatori e svaporati

Balzellon balzelloni, con gli svapatori finiti nella rete delle imposte a fin di bene (basta la salute e un par de scarpe nove... anzi, no, meglio riciclare i coturni degli antichi Quiriti o, al peggio, farsi i calli come i nostri antenati trogloditi, che risparmiavano pure sul gas mangiando tutto crudo), dove vogliono andar a parare gli svaporati che si fingono governanti a noi? A schifìo, mi auguro, benché qui siamo avvezzi a trangugiare ogni sorta di liquame vomitato dalle cloache mentali della politica. E Letta ringalluzzisce per l'elemosina da un miliardo e mezzo elargita dalla nostra affossatrice Mastriccionia, promessa certa di nuove tasse per tenere buoni i cravattari brussellesi, pigliando per le natiche gli imprenditori con la categorica sentenza, più gaglioffa di tutte quelle concepibili da qualsivoglia tribunale, secondo cui non hanno più alibi.

lunedì 24 giugno 2013

Tasse e ginnastica

Non me la sento di sparare sulla Idem, soprattutto ora che sta dando le ultime penose pagaiate da ministra, dimostrando come non sempre i vincenti nello sport siano tali anche in altri campi: è triste che la sua dimensione umana non corrisponda all'immagine che sostenitori e tifosi si erano costruiti dell'atleta e della donna, ma occorre farsene una ragione, ponendo mente all'incontrovertibile assioma che tutti hanno le proprie miserie, nascoste talora dietro sfavillanti medaglie. E non depone certo a favore della madama che abbia opposto alle accuse rivoltele quelle che non possono trasformarsi improvvisamente in patacche sul petto, riuscendo peraltro in qualche modo a svilirle, giusto per difendere il pur considerevole didietro. Che dev'essere inteso non tanto nell'accezione fisica, quanto nel senso del colpo di fortuna di essere entrata nelle grazie di un ras piddino disposto a farla decollare verso l'empireo rossiccio. L'antica figlia della Bundesrepublik, impalmata nell'anno della caduta del Muro da un intraprendente allenatore romagnolo con il bernoccolo per gli affari, dipinto da alcuni malignazzi come più sensibile al fruscio dei dané che a quello delle onde, non ha voluto rinnegare fino in fondo, da crucca disciplinata, il socialismo reale dei suoi fratelli dell'Est, accasandosi nel partito erede degli epigoni di coloro che, sotto sotto, consideravano ancora con un occhio di riguardo il regime di Pankow. E bene gliene è incolto, all'occhicerulea Sefi, sirena sontuosa per acchiappar voti nel più perfetto stile berlusconiano sulla rive gauche. I cattivoni, che non mancano mai neppure all'ombra di remi e martello, l'han vista assessora distratta, costretta all'assenteismo dai lunghi allenamenti per impinguare palmarés e conto corrente, ma il fisico per sostenere le battaglie della sinistra c'era indubitabilmente, e il sessappiglio pure, distante anni luce da quello delle oche giulive scorrazzanti nell'aia silviesca. Financo Befera, più sensibile ai portafogli che ai completi di Dolce&Gabbana (quantunque, in tempi recenti, si sia interessato molto al fatturato di questi ultimi), deve aver colto un quid di rigore merkeliano nell'Afrodite calliomia, tanto da volerla fortissimamente alla propria corte, per testimoniare coram populo la bontà delle sue campagne contro gli evasori brutti, sporchi e cattivi. Dev'essere stata, per il capo dei gabellieri, una stilettata al cuore - ammesso che ne abbia uno - la notizia che la signora si era scordata di cambiare residenza nell'anno funesto della scomparsa dell'ICI sulla prima casa, evitando così di corrispondere l'imposta sulla propria vecchia abitazione, nel frattempo divenuta palestra (con il sospetto, per sovrammercato, di un piccolo abuso edilizio, non essendo stato chiesto, a quanto parrebbe, il permesso alle autorità competenti - tradizione italiota assai resistente e diffusa, ma solo fra i buzzurri e gli incivili berluscones, evasori nati). Ora, senza scherzare, tutto il bailamme mediatico sulle eventuali marachelle di Josefa, comprensibile in un'epoca dove ai cani da guardia del potere si contrappongono i cani da lecca del medesimo, potrà sembrare un vulnus per i garantisti di ferro, ma ha toccato un nervo scoperto dei troppi giustizialisti allignanti nelle nostre contrade, segnatamente sul lato sinistro, vale a dire la credibilità della lotta all'evasione, che è e rimane uno slogan per i gonzi, però introiettato profondamente nell'anima giacobina degli odiatori di professione. La biondissima scaraventata sul pianeta Letta come donna di canoa e di governo, sia pure relegata in un ministero sommamente inutile, ha avuto un'esposizione mediatica che impedisce a Enrico il Temporeggiatore di fischiettare indifferenza: sarebbe come se la Kyenge, altra responsabile di un dicastero decorativo, fosse sorpresa a non pagare i contributi alla colf ecuadoregna, se ce l'avesse. Perciò, il licenziamento della sportiva così poco sportiva da buttare la colpa addosso al commercialista (figura che si fa fatica ad amare) è d'obbligo per l'affiliato al club di Aspen, pena un disdoro quasi pari a quello già rimediato con i traccheggiamenti su IMU e IVA. Anzi, don Enrique de Las Dudas ne potrebbe approfittare addirittura per eliminare le Pari Opportunità dalla compagine governativa, in luogo di rifilarci un'altra finta pasionaria, magari meno avvenente della signora Guerrini. Personalmente, non me ne frega alcunché che costei sia un'evasora (tecnicamente, sarebbe meglio parlare di elusione fiscale) e un'abusiva. Mi scoccia di più l'ipocrisia, male necessario (fino a quando?) di una politica finalizzata a pigliare per i fondelli i cittadini. Ecco, se la Idem fosse rimasta una semplice cittadina, non le lesinerei la mia simpatia, al netto dello sgradevole strascico suscitato da una conferenza-stampa infarcita di spocchia, che peraltro non avrebbe avuto luogo senza il suo ruolo istituzionale. Senza dimenticare il pasticciaccio brutto dell'avere funto da megafono per lo sceriffo di Nottingham. Chi di fisco ferisce...

mercoledì 12 giugno 2013

Spezzeremo i coni al nemico

Di ordinanze bizzarre da parte dei sindaci, nordisti o sudisti che siano, ce ne siamo sorbettate a iosa. Cosa sarà mai di più il coprifuoco gelato pisapiesco, nella carrellata degli orrori ridicoli inflitti ai cittadini minus habentes? E meno male che quest'ultima grida municipale si è subito squagliata. Per dirla alla torinese, il brillante giurista d'arancione fasciato stavolta ha fatto proprio una figura da cioccolataio, presumendo di spezzare le reni o, meglio, i coni alla Milano da ciucciare. E la toppa è stata peggio del buco, trasformando la stecca del tenero Giuliano in uno stecco regale. Stracciatello su tutta la linea, il Magnum P.I. di Palazzo Marino è solo riuscito a far girare le coppe ai commercianti. Voto meno diciotto.

mercoledì 27 febbraio 2013

Piatti di lenticchie e sindrome di Custer

Il grido grillino "arrendetevi, siete circondati!" non era certo campato in aria, se più della metà dei vecchi inquilini del Palazzo assediato ha dovuto fare le valigie e mollare le dorate stanze, rinunziando ai privilegi della casta parlamentare, per barattarli in ogni caso con buonuscite tutt'altro che disprezzabili e financo insultanti, nella temperie attuale, per la stragrande maggioranza di quanti hanno contribuito con il proprio voto a un così massiccio ricambio di Camera e Senato. Gente che va, gente che viene, in una sarabanda inevitabilmentea un po' stucchevole, viziata dall'afflato agiografico di chi già s'ingegna a lisciare il pelo a un centinaio di ragazzotti miracolati dall'illusione di fare piazza pulita che accompagna l'irrompere delle truppe cinquestellute nelle aule non più sorde e grigie del potere romano. Era sincero o raccontava balle, il comico genovese, poco prima che si aprissero i seggi, confessando la propria inquietudine circa la possibile esplosione di consensi pendente per interposta persona, come si sarebbe visto di lì a poco, sulle teste ricciolute sua e del sodale Casaleggio, capi-non capi del movimento tellurico partito dai recessi della Rete fino a spalmarsi sull'intero Paese? Insomma, il Beppe ci fa o lo è, il meduseo pietrificatore del sogno piddino di condurre finalmente la danza, evitando teste di turco democriste o tecnocratiche che coprano il culo alla sinistra mentre fa fessa la nazione? Bersani, povera anima, in cuor suo maledirà il non aver tenuta avvinta a sé la pompa di benzina in quel di Bettola, dove pure lo hanno spernacchiato i berlusconiani di casa, costretto com'è dalla congrega rossa - saranno essi i veri amici del giaguaro che avrebbe dovuto smacchiare? - a calarsi nei panni del Gran Mogol impegnato a blandire le Giovani Marmotte saputelle seguaci di Grillo per non fare comunella con el Burlador di Arcore, capace di rifilargli uno stallo da far invidia a un maestro internazionale di scacchi? Si sfiati pure l'onesto Sansonetti, autentico Quixote della sinistra barricadiera, dalle putride colonne del giornalaccio di Belpietro, a raccomandargli il superamento al contempo (must renziano della prima ora, quali altri mai ci furono) di berlusconismo e antiberlusconismo, fino a issare l'orripilante Cav in cima al Quirinale, per pacificare alla fine un'Italia mai così divisa, manco nei feroci anni Settanta, quando imperavano chiavi inglesi e P38 e circolavano figuri alla Cesare Battisti. All'epoca, il giovane Bersani sgambettava nell'Emilia felix da funzionarietto rampante addetto allo sgrassaggio della cinghia di trasmissione con le COOP, per la gloria del partitone guidato dal Divin Marchese Enrico Berlinguer, e mai si sarebbe sognato di dover minacciare un giorno sbranamenti di quanti ficcanasassero dalle parti di Montepaschi, che era solo un altro feudo distinto da quell'Unipol coccolata dai ras installati da Botteghe Oscure nel suo versante di Appennino (il futuro incubo degli aparatchik Renzi ancora giocava all'oratorio, per nulla sfiorato dall'idea di concorrere alla Ruota della Fortuna). Ora, l'omonimo del cantante Samuele e della buonanima del giornalista Lello, espertissimo di cinema, che forse avrebbe visto in Pierluigi soltanto un discreto figurante, viene da quella storia lì, e hai voglia di ricordarne le lenzuolate sotto il reame di Mortadella, scandianese rancoroso puzzante di ambizioni quirinalizie già prossime a deteriorarsi, per contrabbandarlo quale liberale tra i liberal spuri di casa nostra, in grado di superare i livori sparsi a piene mani durante una campagna elettorale all'insegna delle offese. Specialmente se ti franano sotto i piedi i Monti e s'incasinano i Casini, afferrati per la collottola un istante prima di andare a fondo come certi sub troppo presuntuosi. Dipendesse da lui, forse forse, Bersani accetterebbe la mano di Silvio, senza manco turarsi il naso od altro orifizio, giacché non è uno sciocco, ma ci hanno già pensato i brillanti strateghi della guerra al monellaccio toscano, a sussurrargli che sarebbe una genialata coinvolgere Grillo, al netto delle contumelie immediate di costui, che adesso vuole l'intero piatto, e magari c'è il bluff, ma vatti a fidare di uno che sta fuori dal Parlamento e puoi piangere in cinese che San Napo gli cali addosso un laticlavio a vita, giusto per farsi sputare in entrambi gli occhi. Il bokkoniano sfigato n° 2, lo Stefano Fassina che vanta più master di Giannino, cogita di acchiappare il Grillo con una retina per farfalle, tipo la presidenza della Camera a una pivellina/pivettina qualsiasi, sì da costringerlo a impelagarsi in un governozzo che appalesi l'inadeguatezza del personaggio, ma il gioco sembra già essere stato sgamato dal giullare, che infatti ha sbraitato subito contro l'immangiabile piatto di lenticchie. E torniamo al quesito irrisolto di poc'anzi: che animale politico è il Beppe, se considera sua missione svuotare la scena di tutti i partitanti rimasti, pretendendo di non pagare dazio? Chi non s'accontenta non godrà? "Arrendetevi, siete circondati!". E' la sindrome di Custer a Little Big Horn o un modo brusco per ribadire che, in ogni caso, non saranno fatti prigionieri? A questo punto, se Grillo sapesse suonare la tromba, potrebbe intonare il De Guello, non dimenticando che, fra i suoi giovanotti entusiasti e digiuni di imboscate parlamentari, si potrebbe nascondere qualcuno disposto a salire sul TAV e anche ad investirlo. Speranza deboluccia, ammettiamolo, ma ogni generazione è suscettibile di spiccare il balzo precluso a quella precedente e financo gli Scilipoti hanno un'evoluzione.